Recensione apparsa sul sito Dissapore il 30 agosto 2021
Spazio Battirame 11, Bologna, è un ristorante estivo, ma soprattutto un progetto gastronomico lodevole. La nostra recensione.
Battirame 11 è qualcosa di più di un ristorante: è un progetto che richiama tutte le migliori pratiche della cucina contemporanea, dall’inclusione alla sostenibilità e, ovviamente, la grande tecnica ai fornelli. Non è un caso che sia nato dalla volontà di Massimiliano Poggi, probabilmente il cuoco più talentuoso di Bologna, che durante la chiusura forzata dello storico ristorante a Trebbo di Reno ha coinvolto l’amministrazione pubblica e la cooperativa sociale Eta Beta diretta dall’artista catalano Joan Crus per creare un ristorante all’aperto che rappresenta il punto di incontro tra diverse esperienze.
Innanzitutto c’è lo spazio degli orti di proprietà comunale e in concessione alla cooperativa che produce ortaggi e legumi impiegando lavoratori che provengono da aree di fragilità sociale, fornendo loro un posto di lavoro per uscire dalla marginalità. Un orto inclusivo con una produzione biologica che non si limita solo a rifornire il ristorante di Max Poggi, ma serve un’intera comunità attraverso le politiche dei gruppi di acquisto solidale del territorio. Accoglienza, natura e salute sono le parole d’ordine per questa esperienza che utilizza quattro ettari di terreno di pertinenza di una vecchia casa colonica nel quartiere Roveri, all’interno di una delle zone artigianali più estese del territorio. Quest’anno compie 5 anni, ma non ha finito di crescere e accumulare progetti.
Su questo progetto si innesta l’esperienza di Max Poggi che punta sulla sostenibilità a 360 gradi, scegliendo solo piccoli produttori e allevatori per la fornitura delle materie prime. La prima ricaduta è che il menu del Battirame cambia costantemente tutte le settimane perché quando si adotta una politica che esclude tutte le grandi filiere, la reperibilità degli ingredienti non è mai costante e ci si deve necessariamente adattare: “quello che c’è, quando c’è” è il motto dello chef che ha fatto di necessità virtù. In questo modo però si riescono a sostenere davvero le realtà minori che hanno prodotti di qualità, ma numeri non sufficienti per sfociare nella grande distribuzione. Provenienza sicura delle materie prime, riduzione degli sprechi e rispetto per il lavoro che riacquista una dimensione attenta al sociale sono le linee guida per un’esperienza che travalica l’aspetto culinario.
La sostenibilità è un concetto molto abusato dai tanti che cercano di seguire una linea di condotta spesso molto difficile da sostenere fino in fondo, ma non è questo il caso e quando ci si trova di fronte a veri esempi virtuosi è giusto farlo presente perché non si tratta solo di narrazione. Se non si limita alle parole, o a pochi prodotti scelti, la sostenibilità significa tanta ricerca tra i produttori e una costante difficoltà a reperire le materie prime con tutte le ripercussioni del caso sul lavoro in cucina che diventa solo l’ultima parte di un impegno ben più gravoso. Dove questo concetto riesce a sposarsi anche con temi sociali delicati che difficilmente riescono ad allinearsi a logiche di produzione e commercio, allora si è di fronte a un caso più unico che raro. Diciamola tutta: se al Battirame si mangiasse male, ma davvero male, sarebbe comunque già un successo. Per fortuna è tutto il contrario.
Lo spazio del ristorante è totalmente all’aperto, con molti oggetti di riuso (come vuole la logica del progetto), dall’aria spartana che fa tanto festa campestre; le catene luminose appese agli alberi e i tavoli sparsi per il giardino con il piano in marmo e le piccole tovagliette. In tavola anche le creazioni di ceramica e le bottiglie sagomate dagli artigiani della cooperativa che danno un tocco di colore. I camerieri percorrono incessantemente l’ampio giardino e sono sempre attenti e cortesi, poi, a fine servizio, appare lo chef in cui si legge un entusiasmo invidiabile, pronto a chiacchierare con i clienti e a spiegare il progetto del Battirame.
La formula è sempre la stessa tutte le sere: menu composto da quattro portate (antipasto, primo, secondo e dolce) e una bottiglia ogni due persone dell’azienda agricola Cesari partner del progetto, a prezzo fisso di 50 euro. Noi abbiamo assaggiato un pinzimonio di benvenuto a cui è seguita una superba zucchina aromatizzata con un salsa pollo arrosto e crema di parmigiano: già da questo piatto appare la grande maestria di Max Poggi nell’elaborazione dei fondi di cottura in grado di estrarre gli aromi e realizzare veri e propri concentrati di sapore che cambiano il volto a un piatto.
La stessa cosa si può dire per la fetta ricavata da un grosso taglio di vacca vecchia perfettamente rosolato e mantenuto rosato all’interno insaporito da una salsa al sangiovese e alcune verdure arrostite accompagnate da una magnifica salsa di pomodoro gratin: morbida e saporita la carne, proveniente da un allevamento reggiano, arricchita da un sughetto lucido profumato di vino.
Si chiude con una una torta di ricotta al forno con una salsa di ciliegie perfettamente eseguita.
In questi giorni lo spazio Battirame sta esaurendo la sua attività e a metà settembre Max Poggi tornerà a cucinare al ristorante di Trebbo, per cui consiglio di non farsi sfuggire le battute finali di questo bell’esperimento, in cui l’etica e la sostenibilità sono la bussola di una grande gastronomia.
Opinione
ristoranti
Spazio Battirame 11 è una scommessa vinta in partenza, dove tutto punta sull’etica sociale e sulla sostenibilità alimentare per sfociare in una grande cucina.
PRO
- Scelta delle materie prime orientata alla sostenibilità e alla lotta agli sprechi
- Progetto di inclusione sociale di soggetti fragili
- Grande cucina, sempre varia e mai stanca o ripetitiva
- ristorante all’aperto in un ambiente rilassato e informale
CONTRO
- Unico menu degustazione, senza possibilità di scegliere alla carta
- Assenza della carta dei vini
VOTO DISSAPORE: 8 / 10